La piazza di Sorrento intitolata a Sant’Antonino, patrono della città, è chiusa sul lato destro dalla basilica che a quel Santo è dedicata, raggiungibile dalla vicina piazza Tasso attraverso via Luigi De Maio.
Secondo la tradizione è nel IX secolo che in quel luogo sorse un oratorio per accogliere il sepolcro del Santo; tuttavia la presenza di alcuni elementi ornamentali dell’XI secolo, come la cornice in tufo bicromo del portale laterale dalle forme romanico-bizantine, fa spostare in avanti la data di edificazione.
L’interno, a croce latina, è diviso in tre navate da dodici colonne marmoree, sei per lato, provenienti con ogni probabilità da una delle villae maritimae costruite in epoca romana lungo la costa; la medesima provenienza potrebbero avere le due colonne del portale d’ingresso che sorreggono un architrave in marmo e la lunetta affrescata con l’immagine del Santo.
La navata maggiore è coperta da un soffitto dipinto a lacunari che mostra al centro un telone di Giovan Battista Lama (pittore attivo principalmente a Napoli nella prima metà del XVIII secolo) con la storia di Sant’Antonino che libera dal demonio la figlia di Sicardo principe di Benevento (1734).
Lo stesso artista esegue anche i tondi laterali con San Gaetano da Thiene e Sant’Andrea da Avellino.
Nel transetto si vedono due bei dipinti di Giacomo Del Po (Roma 1652 – Napoli 1726), importanti per il loro valore storico oltre che artistico: L’assedio di Sorrento del 1648, a destra, e La peste di Sorrento del 1656, a sinistra (opere del 1687).
Ritroviamo il pittore romano anche nel catino absidale dove lascia un Riposo nella fuga in Egitto ed un’Estasi di San Gaetano (1685);
le due tele introducono alla calotta con gli affreschi più antichi dei compatroni di Sorrento con Sant’Antonino che schiaccia il Maligno.
Una scala a doppia rampa conduce alla sottostante cripta, coperta da ampie volte poggianti su altre otto colonne di spoglio, e alle pregevoli opere che essa custodisce: l’altare centrale con il sepolcro del Santo, l’affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna col Bambino in prossimità dell’altarino di sinistra, il Crocifisso in legno e argento del XVI secolo sull’altarino di destra, i ritratti dei Santi patroni dipinti dal sorrentino Carlo Amalfi nel 1778 e la ricca collezione di ex voto di soggetto marinaro.
Quasi la totalità dei manufatti fin ora descritti furono voluti dai padri teatini che, a partire dal primo decennio del Seicento e fino alla metà del Settecento, furono impegnati nell’opera di ammodernamento, in chiave barocca, dell’intera basilica.
Tra il 2010 e il 2011 sia l’abside che la cripta sono stati oggetto di interventi di restauro condotti dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici Paesaggistici Storici Artistici ed Etnoantropologici di Napoli e Provincia.
Per il presepe conservato in sacrestia vedi “Presepi in penisola sorrentina“
Realizzata da: Assunta Vanacore (consulenza storico-artistica)